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sabato 26 maggio 2012

LE ALI AI PIEDI


La musica.
Sempre. E' sempre stata la mia compagna, e lo sarà fin quando il mio cuore non smetterà di battere.
La mia forza. Il mio coraggio. Il mio mondo, l'altro mio mondo, dove mi rifugio ogni volta che ho bisogno. Ogni volta che mi sento sola e affranta. La musica, mia compagna di vita. Non mi ha mai tradita e io mai lo farò con lei. Mai.
Dal cuore nasce un sentimento, un forte sentimento che lentamente cresce e sale in testa, come sangue che arriva al tuo pensiero. Chiudi gli occhi e quel sentimento diventa parola. Chiudi gli occhi e vedi un foglio bianco che si colora, tante parole, una dietro l'altra e poi

Prendi un pezzo di carta e quel sentimento lo scrivi Lo trasformi e ne fai una canzone, e lo cambi in musica. Le tue mani si muovono su una tastiera che emette suoni, dolci, decisi, pieni di dolore o di rabbia, e prende forma Quello che provi, forte, indescrivibile, si trasforma in musica e gli altri lo sentono, chi ama la musica, anche se non esprimi mai quello che provi, con la musica ci riesci e se gli altri l'amano, arriva e tocca anche il loro cuore.
La musica mi ha salvata. Tutte le volte. Quella che io ho fatto e quella che gli altri hanno fatto, ma è stata fondamentale per aiutarmi a vivere anche quando non ne avevo più voglia.
La musica è la mia ragione di vita.

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CAPITOLO 1
I sogni di una bambina.


La pioggia batteva forte contro il vetro della mia stanza, i tuoni suonavano imperterriti , era una bruttissima giornata, ma nella mia stanza , mi sembrava di vivere una favola.
I miei genitori erano ad una riunione di condominio, la mia stanza era diventata il palco di una piazza di città, lo stereo era a tutto volume e suonava le note di Dirty Dancing , uno dei miei film musicali preferiti.
Avevo una gonna rossa molto larga ed un body di pizzo bianco, una spazzola in mano e cantavo e ballavo a squarciagola ...
Una ragazzina di dodici anni, completamente pazza della musica.
Suonò il campanello della porta, doveva essere lui, il mio compagno di sogni, il ragazzo di cui mi ero innamorata a sei anni e che non avevo mai smesso di amare, uscì dalla stanza, corsi per le scale ed andai ad aprire, Daniele era completamente bagnato dalla testa ai piedi, io iniziai a ridere.

"Bell’amica che sei ... Fammi entrare.”.
Disse.
Io chiusi la porta.


Ancora Dirty Dancing Sara? .
Mi domandò.
Io tirai su le spalle e gli risposi che era il mio preferito, ma lui preferiva Footloose.


Per oggi ti accontento, ma domani , a casa mia, balliamo sulle note di Footloose , ok?”.
Mi disse sorridendo e tirandomi la mano, il mio viso era contro il suo , mi strinse a se e iniziamo a ballare.
Quelli erano gli attimi più belli della mia vita , assolutamente.
Lui si muoveva bene , era più bravo di me, i suoi genitori lo iscrissero a lezioni di piano e canto e a lezioni di ballo. Io ero autodidatta, i miei genitori non volevano assolutamente che io mi dedicassi a questa mia passione. Dicevano che era una stronzata e che dovevo pensare al futuro, ad un lavoro serio.
E così mi dilettavo a sognare dentro la mia stanza un mondo che forse, e dico forse, non sarebbe stato mai il mio.


Sara ci conviene spegnere tutto, tra mezz’ora tua madre è qui e se non vuoi che la sua furia ci faccia fuori entrambi , ci conviene almeno far finta di studiare ...”.
Spensi lo stereo e mi sdraiai sul letto aprendo un libro.
“A me piace molto studiare ... Voglio diventare una giornalista , un giorno lo sarò, ma Daniele, io amo la musica, è qualcosa che non posso dimenticare, accantonare, non posso far finta che non mi faccia battere il cuore e metterla in un angolo ... I miei genitori non capiscono ... “.
Dissi.
Lui si sedette accanto a me e mi strinse in un abbraccio fortissimo.
“Anche se i tuoi genitori non lo vogliono, un sogno è un sogno ... E non possono impedire di realizzarlo, quando sarai più grande, quando sarai autonoma, se non per mezzo dei tuoi, riuscirai comunque a realizzarlo. Le passioni , quelle vere, sono si spengono, possono affievolirsi, ma il fuoco è sempre acceso e nemmeno i tuoi riusciranno a farti spegnere ... Ti conosco da sei anni, ormai lo so come sei fatta ... “.
A volte mi spaventava, i discorsi di Daniele non erano discorsi da dodicenne, ma di un quarantenne con ogni tipo di esperienza vissuta.
“Sai - dissi zompando dal letto - Stadio Olimpico ... Folla che urla il tuo nome, ragazzi impazziti che urlano il mio ... E noi che cantiamo le mie canzoni ... Un delirio ... Pioggia a dirotto, ma la gente che si diverte comunque a ... Cantare le nostre canzoni e a ballarle ... E’ questo il mio sogno Daniele ... E tutto questo voglio che si realizzi insieme a te !” .
“Ci riusciremo. “.
Disse lui sorridendomi.
Arrivarono i miei genitori, mia madre aprì la porta per controllare se stessimo studiando, ci trovò come due angioletti, seduti sulla scrivania a ripetere la lezione di geografia.
I miei non volevano e mai avrebbero cambiato idea, ma io, nonostante le sorprese che mi la vita mi avrebbe riserbato, promisi a me stessa che, in un modo o nell’altro, avrei portato a termini il mio sogno. Vivevo di quello. Vivevo per quello, io ero quello.
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CAPITOLO 2
Il rumore della pioggia.
Il mio volto era completamente bagnato, il trucco si era sciolto e il mio viso era rigato da due enormi macchie nere.
Non riuscivo a smettere di piangere, sentivo freddo, nel corpo e nel cuore.
Ero difronte a quella lapide ... La fine del mio sogno. La fine dei miei sogni da ragazzina , la fine di tutto. Un capitolo della mia vita era finito e non sapevo cosa sarebbe stato di me, non lo sapevo proprio. Avevo il vuoto ... Nella testa e nel cuore. Non riuscivo più a vedere quelle immagini che da bambina avevo bene in testa, quelle immagini dello stadio Olimpico , insieme a Daniele, quelle immagini che mi facevano divertire e sperare ... Chiudevo gli occhi e ... Ora vedevo tutto nero.
Li chiusi e riaprì più volte, sperando di vedere una luce, un fotogramma di quei ricordi, ma niente, era completamente tutto nero.
La mamma di Daniele si avvicinò a me , prese l’ombrello che giaceva alla mia destra e me lo ridiede in mano, afferrò i manici della sedia a rotelle e mi porto via da quel cimitero.
C’era un silenzio spaventoso, si sentiva solo il rumore della pioggia , era snervante. Snervante, da piccola non me ne curavo, accendevo la musica e andava avanti. In quell’occasione la musica la odiai con tutta me stessa , ero completamente sola. Sola.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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